A tu per tu con Daniela Fumarola

A tu per tu con Daniela Fumarola

di Guido Bachetti, capo ufficio stampa CISL FP

 

Daniela Fumarola è nata a Taranto nel 1966. Laureata in Scienze Sociologiche alla Cattolica di Milano, ha iniziato la sua esperienza sindacale nel 1987 nella Fisba, la Federazione Cisl degli operai agricoli, poi confluita nella Fai, sostenendo e promuovendo il lavoro dei braccianti nelle Leghe comunali. Nel 1993 è entrata nella Segreteria della Fisba di Taranto e nel 2002 è stata eletta Segretaria Generale della Fai territoriale, assumendo anche per la Federazione Nazionale la responsabilità del Coordinamento Donne. Nel 2009 ha assunto la carica di Segretaria Generale della Cisl di Taranto, poi divenuta Taranto-Brindisi, restando in tale carica fino al 2015, quando è stata chiamata ai vertici regionali della Usr Cisl Puglia-Basilicata, dove è stata eletta nel 2016 Segretaria Generale. Nel luglio 2020 l’ingresso a Roma nella Segreteria Confederale Nazionale della Cisl con il ruolo di Segretaria Organizzativa. Dopo due anni, il 19 dicembre 2023, Fumarola è stata eletta all’unanimità Segretaria Generale Aggiunta, conservando anche la delega del Dipartimento Organizzativo. Tra le battaglie più significative della sua carriera sindacale quella per l’emersione del lavoro irregolare e i Patti territoriali in agricoltura, la riqualificazione ambientale dell’area dell’ex Ilva, la costruzione del Gasdotto Trans Adriatico, i patti territoriali in Puglia, Basilicata, per la città metropolitana di Bari e Taranto, le tante iniziative a favore del lavoro dei giovani, la formazione, la conciliazione lavoro-famiglia, la tutela della maternità e l’occupazione stabile, il sostegno ai pensionati ed alla non autosufficienza, l’accoglienza e l’inclusione dei lavoratori immigrati.

 

Segretaria, la CISL in questi anni ha caratterizzato la sua linea sindacale, ponendo al centro i concetti di “responsabilità” e “partecipazione”, in risposta a modelli sindacali populisti e di conflitto. Come stanno evolvendo le relazioni sindacali di fronte allo scenario economico attuale e come crede che evolveranno nel prossimo futuro?

Noi siamo convinti che le relazioni sindacali debbano essere modernizzate mettendo al centro la persona, il suo protagonismo, la sua creatività, la sua capacità di promuovere attivamente trasformazioni e crescita delle comunità produttive e dei territori. E’ l’unica via per affrontare i grandi cambiamenti in atto garantendo allo stesso tempo sviluppo, equità e coesione. La responsabilità e la partecipazione sono i pilastri di questa impostazione. Cioè l’esatto contrario di chi pensa di delegare al Parlamento e ai partiti materie e scelte che appartengono al sindacato, come il salario, l’orario e l’organizzazione del lavoro, la rappresentanza. Obiettivi che si possono e si debbono raggiungere attraverso la contrattazione e non ostacolando i rinnovi come sta accadendo nel settore pubblico.

 

A proposito di lavoro pubblico, parliamo di un settore che negli ultimi anni ha attraversato profonde trasformazioni. Quali sono, secondo lei, le principali sfide future per chi lavora nei servizi pubblici?

Iniziamo col dire che non solo i lavoratori ma il Paese ha davanti una enorme sfida: la valorizzazione e l’ammodernamento della piattaforma pubblica quale fondamentale fattore di sviluppo e coesione nazionale. Se su questo siamo d’accordo, allora non ci sono scuse: bisogna sbloccare gli investimenti, aggiornare le dotazioni tecnologiche, digitali e strumentali. E contemporaneamente rilanciare il lavoro, con nuove assunzioni, con il superamento del precariato, chiamando nuovi giovani con competenze tecniche e specialistiche ma anche puntando sulla formazione permanente delle lavoratrici e dei lavoratori in forze alle nostre amministrazioni. Vuol dire raccogliere la sfida di investire energie e risorse per rendere la P.A. dinamica e generativa, fondata sulla contrattazione e sulla partecipazione attiva del mondo del lavoro per farne il vero motore propulsivo della trasformazione e della modernizzazione del Paese.

 

Essere una donna ai vertici del sindacato: ha incontrato ostacoli nel suo percorso?

Essere una donna ai vertici di un’organizzazione sindacale significa, forse, sentir premere di più una responsabilità: quella di una rappresentanza che per essere efficace, oltre che giusta, deve essere sempre più inclusiva. La strada non è stata priva di sfide, ma più che di ostacoli, parlerei di un contesto che nel tempo è cambiato, grazie anche all’impegno di tante donne che hanno lavorato per affermare una leadership femminile autorevole e riconosciuta. La Cisl, in particolare, ha saputo valorizzare il contributo delle donne, puntando su un modello partecipativo e inclusivo, dove il merito e la competenza vengono prima di ogni altra cosa. Credo che il vero cambiamento sia culturale: bisogna superare la logica secondo cui una donna deve dimostrare qualcosa in più per ottenere lo stesso riconoscimento di un uomo. Nella mia esperienza, ho sempre puntato sulla qualità del lavoro, sulla capacità di ascolto e sulla determinazione nel raggiungere gli obiettivi. E oggi vedo tante donne giovani avvicinarsi al sindacato con passione e competenza, pronte a portare innovazione e nuova energia. Questo è un segnale positivo, che dimostra come il cambiamento sia in atto e come il sindacato debba continuare a essere un luogo di opportunità per tutti, senza distinzioni di genere.

 

A tu per tu con Daniela Fumarola | Cisl Fp | Funzione Pubblica

 

La Puglia ha una grande tradizione sindacale. Quanto ha influito la sua terra d’origine nella sua visione del sindacato e nella sua formazione?

La Puglia è uno straordinario mix di pulsioni, culture e tensioni spesso in contraddizione tra loro. È nella complessa ricerca di una loro ricomposizione, di un equilibrio tra opposti che nasce la visione sindacale nella quale mi sono sempre riconosciuta. Devo moltissimo alla straordinaria vitalità della mia terra, per la quale ho sempre lavorato per uno sviluppo sano ed equilibrato, cercando sempre di conciliare industria, occupazione, tutela dell’ambiente, salute dei cittadini. Non c’è altro modo di fare sindacato, specialmente in una città come Taranto: la mia città, la città dell’Ilva e delle contraddizioni, a metà tra industria e campagna, tra metalmeccanici e contadini, tra voglia di futuro e attaccamento alle tradizioni. Considero un privilegio aver vissuto lì gli anni della mia formazione. Anni intensi, non privi di scontri sociali e politici, di ristrutturazioni, di crisi occupazionali, ma anche anni di accordi positivi e di conquiste importanti per i lavoratori e per il mio territorio.  

 

Qual è stato il momento che l’ha portata a impegnarsi nella CISL? C’è un episodio particolare che l’ha segnata nella sua militanza sindacale e ha voglia di raccontarcelo?

Ho scelto di stare nel sindacato e nella Cisl praticamente subito dopo la maturità. Facevo già volontariato e mi piaceva l’idea di impegnarmi nel sociale. L’idea era quella di unire la solidarietà praticata con un’aspirazione ideale. Non lo sapevo ancora, ma proprio l’attività sindacale si sarebbe rivelata il connubio perfetto delle mie aspirazioni. L’ho capito a 21 anni, quando ho iniziato la mia prima vera esperienza di lavoro con la federazione dei braccianti agricoli della Cisl. All’epoca si chiamava ancora Fisba. Diversi anni prima del suo accorpamento con la federazione degli alimentaristi da cui sarebbe nata la Fai. Di quegli anni mi porto dentro tante vicende e tante persone che mi hanno insegnato la fatica e la dignità del lavoro nei campi, così come la forza e l’orgoglio di riconoscersi in una grande organizzazione sindacale. Non si può ridurre tutto questo a un unico episodio, ma certamente il coraggio e la voglia di rivalsa che ho conosciuto in alcune donne vittime di caporalato e abusi di ogni tipo nelle nostre campagne è una lezione che conserverò per tutta la vita.

 

Si parla spesso di crisi della rappresentanza ma la CISL, in controtendenza, sta vivendo una fase di crescita nelle iscrizioni, con un forte aumento di giovani iscritti. A cosa attribuisce questo risultato? Come pensa si possa consolidare e valorizzare la partecipazione dei più giovani nella vita sindacale?

Prima di tutto, vanno ringraziate tutte le federazioni, tutti i presidi orizzontali e verticali e l’intero sistema dei servizi che in questi anni sono stati in grado di fare un lavoro capillare impressionante, quotidiano e di grande passione. E poi c’è l’altra grande parte di merito che va tutta riconosciuta al coraggio, alla determinazione e al lavoro instancabile svolto da Luigi Sbarra, che ha guidato la Cisl nel solco di un sindacalismo autonomo, riformista, prossimo e innovativo. Un patrimonio da valorizzare e consolidare spalancando loro le porte senza stucchevoli paternalismi, ma, al contrario, facendoci contaminare dai loro linguaggi, dalle loro conoscenze, dalle loro sensibilità. E’ un investimento che va fatto pensando al futuro della Cisl, alla costruzione di una solida politica dei quadri e ad una formazione mirata, che è, e deve essere sempre più, la chiave di una nuova cittadinanza sindacale.

 

Negli ultimi anni si è discusso molto del rapporto tra sindacato e politica. Qual è, secondo lei, il giusto equilibrio tra le due dimensioni?

Il rapporto tra sindacato e politica è un tema carsico: riemerge tutte le volte che una o entrambe le componenti vivono una fase di debolezza. Noi restiamo convinti che il ruolo della rappresentanza sindacale debba restare distinto da quello proprio della rappresentanza dei partiti. E non solo per il bene del sindacato, ma anche per quello degli stessi partiti, perché quando la rappresentanza sindacale si fonde e confonde con quella partitica ne esce un ibrido che spiazza e allontana elettori e lavoratori. Il sindacato deve fare il suo mestiere. Che non vuol dire rinunciare a far politica su questioni di interesse generale, ma farla seguendo criteri propri, assumendosi la responsabilità che deriva dalle deleghe concesse dagli associati, coltivando un pensiero critico e libero. Noi abbiamo sempre giudicato e continueremo a giudicare i Governi per quello che fanno e non per il colore della maggioranza che li sostiene. Dialogando tutte le volte in cui è possibile e scendendo in piazza solo quando serve. Perché è su questo che si misura non solo la nostra autonomia ma la nostra stessa credibilità.

 

Questa è una domanda che abbiamo posto in altre occasioni nella rubrica “A tu per tu con…” e ci farebbe piacere se anche lei provasse a rispondere. Se potesse immaginare la CISL tra dieci anni, quale vorrebbe che fosse il suo tratto distintivo e quali risultati le piacerebbe vedere realizzati?

Io non la immagino soltanto, sono più che sicura, perché conosco le straordinarie risorse di cui dispone la nostra organizzazione, che la Cisl saprà essere protagonista delle evoluzioni nella società e nell’economia nel Paese. Un sindacato capace di stare con autorevolezza dentro il cantiere delle decisioni, esercitando responsabilità dentro e fuori i luoghi di lavoro. D’altra parte, è proprio questo il senso del tema del nostro prossimo congresso: “Il coraggio della partecipazione”. Che non è un semplice slogan, ma il filo che deve guidarci nei prossimi anni nel lavoro che faremo insieme per crescere. Noi come comunità, e insieme a noi il Paese. Non solo dal punto di vista economico ma anche culturale, etico e morale. Questo sì, sarebbe il risultato più importante.

 

 

 

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