Anche in Europa esistono un’articolazione confederale del sindacato, rappresentata dalla CES, e una per categorie. Ciascuna al proprio livello, con le rispettive controparti datoriali e sulle materie di loro interesse, condividono obiettivi essenzialmente simili: partecipare al dialogo sociale, tramite il quale individuano nel contesto europeo problemi relativi alle condizioni di lavoro e si impegnano a risolverli tramite azioni congiunte; avere voce e capacità di influenza nei processi decisionali dell’Unione. Una forma ulteriore di dialogo sociale sovranazionale è quella che avviene nel contesto dei Comitati Aziendali Europei (CAE), organismo che può essere costituito nelle imprese multinazionali con più di 1000 dipendenti e presenti in almeno 2 stati membri ed è ad oggi l’unico soggetto transnazionale riconosciuto come titolare di diritti di informazione e consultazione. Del ruolo e dell’importanza dei CAE parleremo più diffusamente in seguito.
Concretamente il dialogo sociale viene portato avanti ai tavoli settoriali attraverso una serie di riunioni che si svolgono nell’arco di ogni anno, in genere seguendo un programma di lavoro articolato su più anni che le stesse parti sociali si danno sulla base di priorità condivise.
Questo processo può portare a diversi risultati: accordi che le parti si impegnano a promuovere tra le proprie affiliate nazionali per stimolarne l’attuazione nei luoghi di lavoro, posizioni comuni (ad es. relative a consultazioni lanciate dalla Commissione europea su proposte di policy o di direttiva), quadri di azione, indagini conoscitive e progetti di ricerca in collaborazione con esperti accademici, codici di condotta, linee guida e raccolte di buone pratiche.
Un’altra possibilità di influenza per le parti sociali passa attraverso l’interlocuzione con il Parlamento europeo. La CES, ma anche le Federazioni di settore che con la CES collaborano regolarmente, mantengono contatti con i vari gruppi politici all’interno del Parlamento europeo tramite il cosiddetto Intergruppo sindacale, attraverso il quale vengono condivise informazioni e presentate le posizioni sindacali sulle questioni presenti nell’agenda parlamentare. Grazie a campagne di informazione e sensibilizzazione, ma anche rapporti e proposte di emendamenti, i sindacati sono riusciti a influenzare l’adozione di leggi su materie come l’uso di sostanze chimiche nei contesti lavorativi, gli orari di lavoro, i congedi parentali, il lavoro interinale e part time.
La federazione a cui aderiamo come Cisl Fp, e come noi le altre sigle di categoria del sindacato confederale, è la EPSU (Fsesp nell’acronimo italiano) che riunisce più di 270 sigle sindacali da tutti gli Stati membri dell’Ue oltre che dagli Stati dello Spazio economico europeo, da diversi Paesi candidati all’ingresso nell’Unione, e da Paesi limitrofi che con la Ue intrattengono rapporti economici significativi.
Come rappresentanza sindacale Epsu siede a 4 tavoli di dialogo sociale settoriale formalmente istituiti, e dunque riconosciuti dalle istituzioni comunitarie come interlocutori ufficiali nelle aree di policy che li riguardano: Amministrazioni centrali dello Stato, Amministrazioni locali, Sanità e Utilities (i servizi quali energia, trasporti pubblici, servizi idrici e gestione dei rifiuti), con la possibilità che in un prossimo futuro se ne costituisca un quinto dedicato specificamente ai servizi sociali (oggi distribuiti tra aa.ll. e assistenza sanitaria, a seconda dei vari ordinamenti nazionali).
Come rappresentanza dei lavoratori dei servizi pubblici, Epsu si batte per affermare un modello di Europa sociale in cui servizi pubblici accessibili, di qualità (tanto del servizio quanto dell’occupazione, inseparabili l’una dall’altra) abbiano un ruolo essenziale nel promuovere l’equità, l’inclusione e la coesione sociale. Da questa ottica rivendica il riconoscimento di una specificità dei servizi “di interesse generale” che li escluda dall’applicazione pura e semplice delle regole del mercato, e in questi anni ha esaminato criticamente i processi di privatizzazione di servizi pubblici promossi da vari governi nazionali e dalla stessa Commissione europea, smitizzando in molti casi la presunta maggiore qualità ed economicità e richiamando costantemente all’esigenza di trasparenza, accountability, rispetto dei diritti sul lavoro e dei contratti collettivi.
Ancora, Epsu sollecita il superamento delle politiche di austerity, il ritorno ad un programma di investimenti nei servizi pubblici e nel loro capitale umano e professionale, e rivendica spazi di vera partecipazione per le parti sociali nel ciclo annuale della governance economica comune (il ‘Semestre europeo’) e nell’attuazione concreta del Pilastro sociale europeo. Porta avanti campagne su temi di importanza trasversale ma che vedono ‘in prima linea’ i lavoratori che rappresenta, ad esempio quella per la trasparenza fiscale e l’adozione di strumenti europei forti di contrasto all’evasione e al dumping; o quella per la progressiva eliminazione del divario retributivo di genere e di tutte le altre forme di discriminazione sociale e professionale delle donne, che costituiscono la maggioranza dei suoi iscritti.
Attraverso le sue articolazioni interne – i Comitati permanenti, in cui siedono i rappresentanti delle affiliate – e i tavoli con le organizzazioni datoriali, incentiva la condivisione di informazioni, buone pratiche e programmi di azione per elevare gli standard qualitativi dell’occupazione nei vari sotto-settori del lavoro pubblico, affrontando aspetti come gli orari di lavoro, i diritti di informazione e consultazione, la formazione continua, l’impatto delle tecnologie digitali e altro ancora.
Esempi concreti di questa azione, intesi non solo come contenuti di conoscenza ma anche potenziali ambiti di coinvolgimento, apprendimento e collaborazione, saranno argomento per approfondimenti successivi.