Se una lavoratrice madre, al termine del periodo di congedo, viene chiamata a riprendere servizio presso una sede diversa da quella di provenienza, un’eventuale assenza prolungata dal lavoro non può considerarsi ingiustificata e, di conseguenza, un provvedimento di licenziamento adottato dal datore su queste basi è da considerarsi illegittimo. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 13455/2016.
In prima e seconda istanza di giudizio, il tribunale aveva dato torto ad una lavoratrice che aveva denunciato il datore per comportamento discriminatorio, in quanto non era stato possibile provare alcun atto precedente il licenziamento che ne configurasse una finalità strumentale a scopo discriminatorio. La Cassazione ha ritenuto invece che la vicenda andasse valutata in relazione alla disciplina speciale sulla tutela della genitorialità e, in particolare, a quanto disposto all’articolo 56 del Dlgs 151/2001, secondo il quale la lavoratrice ha il diritto – salvo il caso in cui vi rinunci espressamente – a rientrare al lavoro, al termine del periodo di maternità, nella stessa unità produttiva dove lavorava all’inizio del periodo di gravidanza, o in altra sede ubicata però nel territorio del medesimo Comune