Raggiunto, al Ministero del Lavoro, l’accordo per evitare il licenziamento dei lavoratori Medihospes impegnati nei servizi di accoglienza ai migranti, dopo l’esito positivo della consultazione dei lavoratori.
L’accordo consentirà di azzerare i 351 licenziamenti paventati all’apertura della procedura attraverso l’attivazione del Fondo di integrazione salariale per sei mesi. I territori interessati sono: Lazio, Sardegna, Calabria, Abruzzo, Molise, Puglia, Lombardia e Veneto e le percentuali di riduzione risulteranno diversificate nei territori coinvolti dagli ammortizzatori sociali.
L’attivazione del FIS consentirà di compensare in misura rilevante le riduzioni in busta paga dovute alla riduzione delle ore di lavoro. È stata inoltre prevista la ricollocazione delle figure soppresse o ridimensionate dal decreto “Sicurezza” (insegnanti di lingua italiana, psicologi, assistenti sociali) che verranno adibite ad altre mansioni, qualora non fosse possibile il loro impiego nella mansione originariamente pattuita con il contratto di lavoro individuale. Al livello territoriale viene demandata la definizione dei diversi aspetti dell’accordo nazionale. Siamo disponibili ad un supporto ove richiesto.
In alternativa al FIS è stata inoltre prevista la possibilità di una riduzione oraria temporanea fino ad assorbimento dell’esubero. Tale opzione sarà subito disponibile per le strutture del Lazio con una percentuale già definita pari al 10,52%.
Infine è stata prevista la priorità di ricollocazione per coloro che hanno avuto una riduzione totale dell’orario di lavoro in caso di apertura di nuove strutture.
Nonostante questo puntuale intervento da parte delle Organizzazioni Sindacali in questa complicata vertenza, la crisi occupazionale nel sistema dell’accoglienza di migranti e richiedenti asilo innescata dal decreto “Sicurezza” ha assunto dimensioni molto più ampie con decine e decine di procedure di licenziamento avviate. Oltre 5 mila i casi già aperti stando ai dati raccolti e, via via che scadranno i bandi di assegnazione in vigore, potrebbero arrivare a 15 mila entro la fine di quest’anno. Si tratta di lavoratori e lavoratrici giovani (l’età media è 35 anni) laureati e qualificati: educatori, operatori legali, psicologi, insegnanti di lingua italiana, mediatori culturali, operatori dell’accoglienza e facilitatori linguistici.
Vertenze e mobilitazioni sono in corso in diverse realtà, ma l’ampiezza del fenomeno è tale che richiede un passaggio dalla dimensione locale a quella nazionale. Le Confederazioni, dopo ampi passaggi con le categorie interessate, infatti hanno rinnovato nei giorni scorsi l’appello al ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ad incontrarsi e aprire un tavolo di crisi nazionale, per individuare le soluzioni possibili anche (ma non solo) in termini di strumenti straordinari a tutela dell’occupazione, anche in deroga alla normativa vigente.